[Questo testo è frutto della trascrizione di una conferenza tenuta da Rossandro Klinjey a Milano (Sentieri dello spirito) nel marzo del 2017. Molte grazie a Leila Bombazar de Andrade per aver condiviso questo materiale prezioso!]
Parleremo di questo tema: è un tema che tocca tutti noi, è quello della nostalgia.
Durante il processo evolutivo, delle società umane, chimicamente non avevamo affetti gli uni con gli altri come accade oggi, tanto che l’idea di sotterrare i morti non è una cosa che esiste dai primordi delle società umane. Ma nella misura in cui abbiamo cominciato ad avere dei rapporti gli uni con gli altri, si è sviluppato il linguaggio, aumentando la corteccia cerebrale, ingrandendo così la memoria, ricordando tutto ciò che quella persona ha fatto insieme a noi, quello che ha vissuto insieme a noi e che abbiamo imparato con lei.
Proviamo la necessità di aver cura di questa persona, anche quando questa persona non è più fisicamente presente, è allora che abbiamo cominciato a sotterrare i morti. Affinché potessimo avere un luogo per fargli visita, ricordare di essere stato insieme.
E una cosa che percepiamo come modello in tutte le culture è l’idea del matrimonio e del culto ai morti, nel senso che ricordiamo che loro esistono, e questa è una esperienza che ha molti significati per noi.
Quando sono diventato spiritista, la prima volta che sono andato ad una veglia funebre spiritista, sono rimasto scioccato, perché le persone erano molto tranquille, serene, cioè avevano nostalgia, ma non erano disperate. A prima vista, mi sembrò una reazione fredda, ma dopo ho percepito che era la consapevolezza che non moriamo, ma io avevo questa coscienza solo dal punto di vista teorico, perché molte cose nel Vangelo le consideriamo come concessione teorica, senza averle mai vissute come esperienza.
Mia mamma è stata una donna che mi ha molto segnato nella mia vita, così come tutte le persone che amo molto, poiché tutti noi siamo il risultato di molti amori. E nemmeno saremmo qui se non ci fossero gli investimenti di molte persone. Diversi tipi di cura per farci arrivare qui. Ed è vero anche che siamo il risultato di molte persone che ci hanno fatto del male, che resero le nostre giornate difficili, ma abbiamo imparato con tutto questo.
Quando per la prima volta volevo venire qui in Europa, quando mancavano due giorni per il viaggio, mia mamma è trapassata.
Lei è rimasta incinta a 16 anni, all’epoca del colpo di Stato militare in Brasile; lei alfabetizzava degli adulti, e questo era considerato una contravvenzione, e fu perseguitata dai militari. Lei ha fatto lo sciopero degli autobus, è stata la prima donna nella mia regione nel nordest del Brasile a dirigere un Rotary Club, ha diretto una associazione dei diritti delle donne, difendeva le persone, ma fumava dall’età di 16 anni e fu questo che provocò il suo decesso, perché lei ha avuto lupus, e il lupus attacca gli organi sensibili del corpo, perché è una malattia autoimmune, perché considera il proprio organismo come un sistema da combattere. E siccome mia mamma aveva fumato per tanto tempo, il lupus ha colpito i suoi polmoni, sviluppando la fibrosi polmonare. Non appena ho saputo della sua diagnosi, e siccome il mio studio era vicino ad uno studio fisioterapico, sapevo che ella era vicina alla fine.
Ebbene, o mi sarei concentrato su questo, divenendo molto depresso, o avrei continuato a vivere, approfittando di ogni istante che avevo con lei. In quel momento, ho cominciato a vivere in maniera anticipata la sensazione della perdita. Mia madre si è separata a 26 anni, e assunse la funzione di mamma, di papà, aveva molte funzioni per me. Allora, la sua perdita non era solo la perdita di una madre, era la perdita di una persona molto importante, con molte funzioni. Quindi ho chiesto 2 cose a Dio, giacché sapevo che lei sarebbe disincarnata in breve: ho chiesto di trovarmi in città in quel giorno, perché viaggio moltissimo, e che lei non morisse senza ossigeno. Siccome aveva già il respiratore artificiale, lei non riusciva più ad uscire dalla stanza, ma anche così era ancora molto viva. Dato che era giornalista, ho contrattato un esperto di internet per lei, quindi lei ha ripreso a scrivere in internet, e questo la rianimava perché, anche se bloccata nella sua stanza, lei interagiva con le persone. Ho preso una tastiera wifi, un monitor molto grande perché lei potesse aver accesso a Facebook e rispondere ai suoi amici.
Quando ha avuto la prima crisi, io stavo ricevendo un paziente nello studio: lei mi ha chiamato dicendo che andava all’ospedale, e che aveva una crisi respiratoria. Ho risposto: “Finisco qui e arrivo subito”.
Quando arrivai là, lei era già intubata, e per fare questo loro anestetizzano e inducono a uno stato di coma, e durante 8 giorni lei ha cominciato a scollegarsi pian piano.
Quindi quando arriviamo alla veglia funebre, e tu guardi la persona che ami, e tocchi la sua mano e la senti fredda… (Rossandro piange), ma tu vuoi sentire ancora una volta la sua voce che dice: “Dio ti benedica!” Sentire la sua voce che mi telefona e dice: “Dove sei?” Perché lei sapeva che ero da qualche parte intorno al mondo. “Sono in tale parte!” E lei mi rispondeva: “Fermati da qualche parte!”
Allora ho pensato: che cosa farò adesso, davanti a questo? Devo rimanere a pensare nel dolore di questo momento? Sarebbe giusto fare una foto di mia madre in questo momento? Senza ricordare tutto il film che è stata la nostra storia? Il trattamento diventerebbe più doloroso di questa scena. Allora ho cercato di ricordare le cose che avevamo vissuto.
Come quando avevo circa 12 anni di età; lei aveva capito che a me non piaceva studiare, ma a mio fratello maggiore piaceva: deve esistere sempre in famiglia qualcuno a cui piace, ma mia madre non ha mai fatto dei paragoni tra l’uno e l’altro. Mio fratello parla 6 lingue, è andato a Mosca e parla russo; adesso sta imparando pure il mandarino; se lo chiamo e gli domando: “Cosa stai facendo?”, lui mi risponde che si sta rilassando, cioè che sta imparando il mandarino. Per me rilassarsi è vedere Netflix.
Allora mia madre ha percepito che non mi piaceva studiare. E nella veglia funebre mi ricordavo tutte queste cose.
Lei un giorno mi ha detto: “Figlio mio, ho capito che a te non piace studiare”. Io quel giorno pensavo di essere così felice… Brava mamma, lei mi ama, ha visto la mia angoscia, mi libererà… E lei ha aggiunto: “È sì, figlio mio, io sono tua madre, e ho percepito questo”. Poi mi ha domandato: “Tu hai dei sogni?” Io ho detto: “Si…” E lei: “Quali sono i tuoi sogni?” Ed io ho sciorinato un elenco di cose: volevo una macchina sportiva, bella, diffusa in Brasile all’epoca. Volevo viaggiare per il mondo. Allora ho cominciato ad elencare le cose meravigliose che volevo fare, e quando ero proprio là in alto, lei mi ha domandato: “Chi ti darà tutto questo?!” Allora io mi sono un poco ammosciato… Lei mi ha detto: “Ti sei accorto che io sono povera?!” Dopo aver passato tre anni mangiando solo riso e uova, non avevo dubbi che eravamo poveri. E mi disse: “Tu hai solo tre maniere di guadagnare soldi senza studiare”. Allora mi sono tirato su. Opzioni a, b e c: in una di queste posso riuscire, a patto che non debba studiare. Lei ha cominciato a elencare: “La prima è che la persona deve nascere esteticamente molto privilegiata, quindi riesce a guadagnare soldi solo con la faccia. Anche se ti amo molto, mi dispiace dirti che non è il tuo caso. La seconda opzione è che tu diventi molto bravo nello sport, specialmente, in Brasile, nel calcio; ma ti ho visto giocare, e sei completamente negato. La terza possibilità, è che tu diventi un delinquente, un bandito”. Allora io ho fatto un sorrisino intimo, piccolissimo: questo posso fare! Meglio che studiare… Ma madre e moglie percepiscono sempre le cose senza che tu parli, e questo è molto noioso: mia madre ha percepito quel sorriso piccolino, e mi ha detto: “È inutile fare questo sorrisino ironico: morirai prendendo mazzate, ma diventerai qualcuno!” Allora ho detto: “Eh, mamma, ho solo una opzione: studiare, vero?” Lei ha detto: “Sì…” L’ambiente è diventato pesante, ed io ho detto: “Ma a me non piace!”. “Io non ti ho chiesto di fartelo piacere, voglio solo che tu studi. Tu pensi che gli adulti siano felici la domenica sera, sapendo che lunedì devono andare al lavoro? Ma devono lavorare. Nella vita non facciamo solo quello che vogliamo, ma anche quello che è necessario, e questo tu lo devi capire”.
Quando avevo 14 anni, attraverso la sua medianità ‒ io ero uno studente molto precario, estremamente timido, autostima sottozero ‒, lei mi ha detto: “Tu farai conferenze in tutto il mondo, io lo vedo qui”. Io ho detto: “Mamma, tu sei pazza! Queste cose di medium e la pazzia sono la stessa cosa. Come una persona che non riesce neanche a leggere in pubblico farà conferenze in tutto il mondo?” E lei mi ha detto: “E tu pensi che avrai 14 anni per tutta la vita? Tu non avrai 14 anni tutta la vita: maturerai, crescerai, diventerai più sicuro; questo è l’uomo che vedo, e non questo bambino: tutto al suo tempo”.
A 15 anni stavo un giorno a casa, lei era uscita a lavorare, io chiamato la mia ex fidanzata e siamo andati in camera, mia madre era tornata prima del tempo e, quando ha aperto la porta della stanza, ha visto quello che tu non desidereresti mai che tua mamma vedesse. Lei tranquillamente ha chiuso la porta, ha telefonato alla mia vera fidanzata e disse, vicino alla porta della stanza perché io potessi ascoltare: “Vieni qui che il tuo fidanzato ti sta tradendo con la sua ex”. Io ho aperto la porta e ho detto: “Mamma, ma tu non sei mia madre?!” “Lo sono, e ti sto facendo questo perché voglio essere la mamma di un uomo, e non di un mascalzone; sempre quando sbaglierai, dovrai pagarne le conseguenze; io come mamma ti aiuterò a pagare le conseguenze, ma non ti difenderò”. E questo è successo in diverse occasioni.
La questione di parlare in pubblico. Lei diceva che avrei fatto delle conferenze. Ero entrato in un corso di Psicologia a 16 anni, perché ero riuscito a passare all’esame dell’università, e grazie al suo sforzo sono riuscito ad entrare all’università. Stavo ricoprendo una cattedra il cui settore era ‘Metodologia Scientifica’; la professoressa mi ha assegnato un seminario da condurre, in cui dovevo fare una differenziazione delle Teorie di Durkheim e Marx sulla società. Fu una tragedia completa, non riuscivo a parlare, mi venivano i vuoti, e quando la professoressa mi guardò disse: “Come hai avuto il coraggio di presentarti in una università così impreparato, sei la vergogna del mondo accademico”. Sono tornato a casa piangendo, sono arrivato e raccontai a mia madre tutta la storia, aspettando il suo appoggio contro la professoressa. Potete immaginare cosa sia successo… Lei mi ha detto: “Come hai potuto fare una presentazione così ridicola e deludente? A questo punto hai due scelte, o tu colpevolizzi l’altro, lasci l’università, smetti di studiare e non realizzerai nessuno dei tuoi sogni, fintantoché sarai infelice dando sempre la colpa agli altri senza mai maturare e non prendendo mai le responsabilità della tua vita…. O ammetti che, di fatto, hai sbagliato, correggi il tuo errore e dalla prossima volta farai di meglio… Cosa vuoi?! Che aspetti?! Adesso si comincia! Va’ a studiare, prepara una tesi per me e per tuo fratello!”
Mio fratello è di 6 anni in più grande di me. Lui mi metteva a leggere Stendhal e gli autori inglesi, e voleva che discutessi con lui. Perciò difendere una tesi con mio fratello era il peggiore incubo che mi poteva capitare, e anche con mia madre chiaramente. “Tu la difenderai con noi… Ancora non va, occhio alla postura, più sicurezza, pronuncia corretta, dire bene il nome dell’autore…” Il prossimo seminario sarebbe stato il Paradigma Positivista di Francis Bacon, Isaac Newton e René Descartes. E mio fratello mi correggeva la pronuncia.
Tutto doveva essere perfetto; quando ho presentato il seminario per la seconda volta ero già diventato spiritista, anche tutti gli altri nella sala lo erano, incluso la professoressa. Quando ho finito, la professoressa mi ha domandato: “Tu sei spiritista vero?” Ho detto: “Sì”. “Tu hai incorporato oggi?! Sei un’altra persona, cosa è successo?” Allora ho raccontato cosa era successo, cosa mia madre aveva detto. E lei mi ha detto: “Come vorrei che tutte le mamme fossero come la tua. Perché ci sono mamme che mi incolpano degli errori dei figli”.
Mentre ero lì con lei (nella veglia), mi ricordavo di tutte queste cose, come quella che ho raccontato ieri, quando ho bruciato Il Vangelo Secondo lo Spiritismo. Lo racconterò nuovamente, per le persone che non c’erano ieri.
Prima ero della religione Evangelica, il pastore aveva detto che tutti i libri di Kardec erano cose del demonio, che dovevo bruciare tutto perché la mia casa diventasse benedetta. Ho preso il Vangelo di mia madre, l’ho messo per terra con alcol e lo bruciai. Lei è arrivata e si è messa a guardare, lei guardava e io guardavo, e guardavo lei, aspettando una sua reazione, e lei niente; dopo alcuni minuti è rimasta solo la cenere, e lei mi disse: “Sei tranquillo adesso?” Ho detto: “Sì”. Lei: “Ti voglio dire solo una cosa, non si brucia la verità, l’hanno già provato figlio mio”. E se ne è andata. Ero irritatissimo, aspettavo una reazione demoniaca…
In quel giorno ricordavo tutte queste cose. I giorni in cui non avevamo da mangiare mangiavamo solo pomodoro, e quando cominciavo a piangere lei diceva: “Tu riderai di tutto ciò… (Rossandro piange); alza la testa, questo non ti fa inferiore a nessuno, le condizioni dell’essere umano non lo fanno diventare minore. È l’essere umano che diventa più piccolo, quando si identifica con le sue condizioni, e quando tu avrai tutto, non ti identifichi con quello che avrai, perché non sei migliore di nessuno, perché non ti devi identificare né con chi è in basso, né con chi è in alto. Sei un essere umano come qualsiasi altro. In qualsiasi circostanza, povero o ricco. L’importante è che passi per tutto questo, perché un giorno, quando avrai, rispetterai la dignità di tutti quelli che non hanno, e non vedrai mai nessuno più piccolo di te”.
Io so che se avessi avuto tutto prima, conoscendomi, non avrebbe funzionato; avevo bisogno di quelle difficoltà iniziali, affinché potessi forgiare insieme a mia madre tutte queste cose, per prepararmi, per fare qualcosa intorno al Vangelo di Gesù.
Lei aveva raccontato a mio nonno che non mi piaceva studiare; mio nonno faceva poesie cantate nel Nordest del Brasile. Lui mi ha chiamato e disse: “Nipote mio, tua madre mi ha detto che non ti piace studiare… Ti racconterò una piccola storia: quando avevo 14 anni ‒ sono nato nel 1912 ‒ ho visto la mia famiglia morire di fame qui, nel nordest, per mancanza di pioggia, così sono scappato a Campina Grande, dove tu abiti oggi, una città che ha una università, volevo dare ai miei figli e nipoti quello che non ho avuto. La prima notte l’ho passata tutta su un albero, per scappare agli animali selvaggi che mi potevano uccidere; sono tornato a casa mia 40 anni dopo, e i miei genitori erano già morti, così ho fatto un grande sforzo perché tutti voi aveste ciò che io non ho avuto. Quindi non disonorare tutto questo. Ho fatto una poesia per te: sempre quando avrai difficoltà di studiare, o di fare quello che devi fare, leggi questa poesia, affinché tu faccia quello che deve essere fatto. E la poesia dice così:
Studia e non rinunciare
porta alta la testa
per chi compie sempre il suo dovere
la vita è lotta e battaglia
e in essa solo chi lavora
merita e deve vincere.
Mio nonno aveva l’Alzheimer e mia mamma aveva il lupus; lei non poteva prendersi cura di lui, allora io dovevo prendermi cura di mio nonno per mia madre e per me. Era un dovere. E ho vissuto delle scene molto divertenti con lui, divertenti oggi naturalmente, ma non allora. Un giorno lo avevo portato a prendere la sua pensione in banca: lui riceveva molto poco, ma era importante per lui fare questo. Gli dava una dignità. Lo portavo fin quando potevo; un giorno siamo arrivati alla banca, eravamo in fila tutti in silenzio, lui mi guardò e disse: “Nipote! ‒ tutti quanti ci hanno guardato ‒ non mi derubare”. Tutti mi guardavano con la faccia brutta. Un altro giorno eravamo a casa ed è arrivato un suo cugino ‒ chi di voi ha avuto dei malati in famiglia? Quanto più te ne prendi cura, più si lamentano, e gli altri che non fanno niente hanno sempre da dire, e tu hai voglia di prenderli per il collo ‒, allora il cugino di mio nonno gli ha domandato: “Rossandro ti tratta bene?” Mio nonno non mi aveva visto e disse: “Mi trattano così male qui… Immagina che dormo in mezzo al bosco, non mi danno carne da mangiare, mangio solo una pappetta senza forma e, alla fine del pomeriggio, questo che non so neanche chi sia, che ha la faccina di bravo, mi fa fare il bagno con la pompa dell’acqua”. Allora il soggetto stupito, disse: “Come mai?! Ed io che avevo origliato tutta la conversazione dissi: “Calma, mio nonno ha l’Alzheimer, tu no”. Allora ho dovuto spiegargli che dormire nel bosco era che nella stanza di mio nonno c’era una finestra che dava ad un giardino e, d’inverno, quando vedeva le piante, pensava di essere all’aperto, ma tutte le stanze della casa davano su un giardino. Siccome lui usava una protesi dentale e non riusciva più a tenerla, dovevamo tritare il pranzo e dargli come una pappetta. Inclusa la carne. E quando arrivava in studio, per fargli il bagno e non farlo scivolare, usavo una sedia di plastica e gli facevo la doccia. Un giorno lui mi ha detto: “Volevo tanto andare alla tomba di mio padre…” Mio nonno era nato nel 1912, immaginate il bisnonno, non immaginavo neanche dove fosse. Ma mio nonno insisteva tanto, quindi sono andato in una cittadina di provincia ove lui era già vissuto, sono andato nel cimitero e ho scelto una tomba qualsiasi, e gli dissi che era la tomba di suo padre, e mio nonno: “Ah… Papà…” E cominciò a piangere. Io sapevo che lui avrebbe dimenticato tutto appena usciti, allora dovevo fare una cosa straordinaria perché lui si ricordasse dell’accaduto. Lui era concentrato e piangeva, aveva 92 anni, e ho detto: “Corri nonno! Tutto sta cadendo!” Lui si è messo a correre, dopo siamo andati in un ristorante per mangiare e quando ha chiesto una bibita si è girato verso di me e ha domandato: “Quand’è che mi porterai a vedere il tumulo di mio padre?” Io: “Non ti ricordi che stavi cadendo e abbiamo corso?” E lui: “Ah…” Io sapevo che chi ha l’Alzheimer non ha memoria recente, così dovevo creare un trauma, avrei potuto uccidere mio nonno in quel momento spaventandolo… (risate) Ho fatto ricoverare mio nonno vicino a mia mamma, loro sono morti a due anni di distanza. E mentre ero nella veglia mi ricordavo tutto questo, e cominciai a ridere e a raccontare alle persone. Molta gente andava a chiedere consigli a mia madre, allora io ho detto: “Il mio indirizzo è tale, potete venire da me (risate), sono uno psicologo”. In quel momento, è passata quella giornata, ho guardato fuori e c’era un sole bellissimo; ho sentito una leggerezza molto profonda e cominciai la mia vita normale. In quel momento, quello che lei mi aveva detto, cioè che avrei parlato in pubblico, stava accadendo, ma io lo volevo fare professionalmente, nelle imprese e nelle università. Circa un mese dopo, una azienda molto grande in Brasile voleva che io facessi parte della lista dei suoi conferenzieri, che avrei fatto tale e tale conferenza in quell’azienda: l’ho annotato nella mia agenda, non ho preso altri impegni di conferenze a causa di quella prenotazione, e dopo ho scoperto che non avrei più fatto nulla con loro e ci sono rimasto male, anche perché avevo cancellato altre prenotazioni. Mi sono irritato e non riuscivo ad assistere più nessuno; ho pranzato e mi sono disteso; in quel sono leggero mia mamma mi è apparsa dicendo: “Che cosa ridicola, come puoi lasciarti disturbare per una simile sciocchezza?! Davanti a tutto ciò che è successo nella tua vita, pensi che questo sia un problema? Tu non hai idea di quello che accadrà nella tua vita, alzati e va’ a lavorare!” Era stato un sogno? Dopo un po’ di tempo, un amico mio della rivista Veja ‒ Epoca in Italia ‒ è riuscito a promuovere un incontro con Sandra Paschoal, che è una delle più grandi agenti di conferenze oggi in Brasile; era un lunedì, e sono andato a parlare con questa donna: lei aveva già comprato il biglietto aereo, che costava una cifra, e aveva già pagato l’albergo e tutto il resto come un regalo per me. Mi avevano detto che io potevo andare avanti professionalmente solo se avessi smesso di fare conferenze spiritiche. E prima che io potessi rispondere il mio amico, che era evangelico, disse: “Questa è la tua parte migliore, non devi mai smettere di parlare di Spiritismo, perché ci parla di Gesù”. Quindi sono andato a parlare con Sandra; lei era stata un mese in India, allora ho cominciato a parlare del Bhagavad Gita con lei, di Sai Baba e altre cose; quando avevamo finito di parlare, mi ha fatto firmare un contratto di esclusività. Io gli ho domandato: “Perché mi stai facendo firmare un contratto se non mi hai mai sentito parlare?” “Io mi sono fidata perché sei stato indicato da un grande cliente che è la rivista Veja. Non avevo la minor intenzione di contrattarti, ma mi sei piaciuto molto. E da allora è passato più di un anno, e lavoriamo ancora insieme.
Dopo questo viaggio sono andato a Brasilia per fare una conferenza spiritica, e per presentare questo libro che vi ho portato. In Brasile le case spiritiche sono molto grandi, alcune con 5 mila persone, e io stavo autografando (Rossandro fa un gesto di stanchezza); da lontano ho visto una signora che scendeva le scale pian piano, con molta difficoltà. Io stavo già per andare via, e mi hanno detto che c’era una persona che mi doveva abbracciare, e io sono andato verso quella signora. Mentre l’abbracciavo, ho sentito l’odore di mia madre (Rossandro piange), non il suo profumo ma il suo odore. La signora ha detto: “Non ti avevo detto che tu non avresti avuto 14 anni per tutta la vita?”.
Non siamo mai soli, siamo sempre accompagnati, questa Dottrina ha questa capacità di consolazione profonda, affinché non rimaniamo con il film del giorno della partenza, ma di tutta la traiettoria che abbiamo avuto insieme. Perché quel giorno non sia soltanto un giorno di tristezza, ma un giorno di gratitudine per tutto ciò che è stato costruito insieme; adesso è con me, io devo fare, se non finisco altri lo faranno, è un cammino infinito che si rinnova per tutto il tempo, capire che la mamma di un figlio di 14 anni aveva già capito cosa sarebbe diventato a 30, la capacità di percepire il potenziale che neanche tu stesso vedi. E la stessa cosa Dio vede in noi, forse tu non hai avuto una madre come la mia, mio padre non è stato come mia madre, è stato l’opposto di tutto questo. Anche così ringrazio mio padre, abbiamo la famiglia che dobbiamo avere, dobbiamo vederci come Gesù ci vede, quando ci dice: “Siete la luce del Mondo e il sale della Terra”. Hai solo due opzioni: o credi che sia una propaganda ingannevole, e che Gesù voleva vendere conferenze motivazionali in Giudea, o io non vedo quello che Lui vede in me. Vuol dire che ho bisogno di vedere questo.
Mi ricordo del discorso di insediamento di Nelson Mandela, dopo 30 anni in carcere, una cella più piccola di lui, lui camminava curvo e guardava solo un muro di pietre. Dopo che fu liberato, fu eletto Presidente del Sudafrica. Nel suo discorso di Pretoria lui disse: “Non è la nostra ombra che ci fa paura, è la nostra luce, abbiamo paura della forza che abbiamo”. Le persone ti possono dire: “Chi sei tu da poter essere grande e capace?” E io devo pensare: perché non posso essere tutto ciò? Guadare in piccolo non aiuta nessuno, e facendo brillare la propria luce proverai agli altri che anche loro ne sono capaci. Dopo il discorso, alla cena di gala, nella tradizione politica del Sudafrica, il presidente mette alla sua destra e alla sua sinistra, sedute a tavola, le persone che considera molto importanti, e lui ha chiamato i due carcerieri che lo hanno tenuto in custodia per 30 anni. E qualcuno ha domandato se lui ha voluto umiliarli, facendo vedere loro che adesso era presidente. E Mandela disse: “No, volevo che loro mi vedessero come un essere umano”. Tutti noi abbiamo la nostra umanità e, nel cuore, un amore profondo di Dio, e noi abbiamo bisogno di accettare questo anche quando siamo ancora imperfetti. Alle volte tu pensi che Dio non sappia chi tu sia, che Dio non ti ascolti. Un giorno ero irritatissimo, era il giorno in cui dovevo fare il Vangelo a casa; mentre facevo il Vangelo ho pensato: “Ma Dio saprà mai chi sono io? Sono qui a Campina Grande che faccio una preghiera, e Lui, con tutti i problemi dello Stato islamico, dell’Isis… Va pensare a me?” Quando ho aperto il libro di Emmanuel intitolato Pane Nostro, che ho ribattezzato “mazzata nostra”, è venuto un messaggio per me. Ho finito e ho preso il telefono e, attraverso Google, ho cercato una pizzeria vicino casa mia, e Google ha risposto che c’erano tante pizzerie in città, quella più vicina a casa tua è questa e il numero è questo… Voi sapete che tutti i telefoni, gli iPad e i pc hanno un indirizzo IP che è come fosse la carta di identità loro per la localizzazione del GPS, il sistema di Google sapeva che quel telefono era il mio, dove abitavo e cosa cercavo, allora ho pensato: se Google sa chi sono io, vuol dire che anche Dio lo sa. Questa cosa mi ha dato una allegria così grande… Allora mi sono ricordato di Davide che, senza iPhone, un giorno si incantò di questo e disse: “Signore, tu mi scruti e mi conosci; mi siedo o mi alzo e tu lo sai. Da lontano conosci i miei progetti: ti accorgi se cammino o se mi fermo, ti è noto ogni mio passo. Non ho ancora aperto bocca e già sai quel che voglio dire. Mi sei alle spalle, mi stai di fronte; metti la mano su di me! È stupenda per me la tua conoscenza; è al di là di ogni mia comprensione. Come andare lontano da te, come fuggire al tuo sguardo? Salgo in cielo, e tu sei là; scendo nel mondo dei morti, e là ti trovo […]”.
Questo Salmo 139 fa riferimento all’unità settima di Dio. Vuoi conoscete la menorah? Quel candelabro a sette braccia, simbolo dei sette giorni della creazione della religione ebraica, che doveva rimanere perennemente acceso nel tempio di Gerusalemme. Simbolo della Kabala ebraica, che ci fa capire quanto Dio ci conosce. Ci conosce in sette posizioni: conosce quello che è dietro a noi, davanti, a destra e a sinistra, quello che sta sopra e sotto, è la stella di Davide e le sette candele; Lui conosce ciò che è dentro. Perciò, non siamo mai soli, anche se non abbiamo avuto nessuno che ci ha dato un buono esempio, Dio ci ha dato un buon esempio, Gesù. Dobbiamo avere la stabilità emotiva, nel momento in cui siamo delusi di tutti, compreso di noi stessi, dobbiamo fare come Paolo, riporre le nostre speranze nel Cristo. E lui diceva, nella lettera ai Filippesi: “Infine ho imparato a vivere con molto e con poco, nell’abbondanza e nella scarsità, perché tutto posso in Quello che mi fortifica, che mi fortifica tutti i giorni”. Noi siamo qui chiamati a tornare per molte vite sotto l’egida di una nuova bandiera, ognuno di noi ha avuto varie bandiere. Quando sono andato al castello qui a Milano, e ho fotografato lo stemma della famiglia, allora ho pensato a quanti morti abbiamo fatto sotto questi stemmi, in nome dei principi, della politica, della religione, ma questa volta Yahweh-Nissi, che in ebraico vuole dire ‘il Signore è la nostra bandiera’. Questa volta siamo qui, non per leggere il Vangelo come un manuale, o come un libro di preghiera, ma come una proposta di cambiamento interiore, sapendo che Dio ci guarda sempre, e ci accoglie sempre, ed è al nostro fianco in ogni momento, anche quando facciamo le peggiori cose, perché Egli non rinuncia mai a noi.
Concluderò con uno dei più bei Salmi di Davide: dei 150 Salmi, 105 sono stati scritti da Davide. Lungi dall’essere un uomo perfetto, ha desiderato una donna sposata, inviò il marito a una guerra persa, affinché diventasse vedova, e lui rimase con lei: egli ha fatto questo. E anche così, è stato un strumento di Dio. Penso che nessuno di noi abbia fatto questo a qualcuno, credo… Perché dunque non possiamo essere uno strumento di Dio? Un giorno Davide volle comprendere come Dio si rapportava con lui. Era in guerra, di fronte aveva il Mar Morto e dietro c’era l’esercito nemico: era in una situazione tipo dalla padella alla brace, e lui pensava a Dio e faceva la sua preghiera di protezione in un momento difficile, e voleva comprendere la natura di Dio, e come Dio si rapportava con lui. Sapeva per esempio che Dio era stabile: all’inizio nel Vecchio Testamento si pensava che Dio si arrabbiava, si vendicava. Sembra uno dei miei mio pazienti (risate). Ha capito qualcosa quando il profeta Isaia dice: “Dio non mente e non si pente”, perché non è uno che farebbe ciò. È stabile. Ma loro avevano la concezione di Dio come il Signore degli eserciti. E tra il generale e i suoi subordinati c’è una distanza, non si può conoscere il nome di ognuno del tuo plotone, è un numero, è troppa gente. Ma Davide era in uno di quei momenti in cui cercava di capire Dio, a partire dai riferimenti storici; ha fatto quello che chiamiamo in psicologia ancoraggio psicologico, è quando cerco di descrivere il nuovo utilizzando il vecchio. Noi esseri umani quando, per la prima volta, abbiamo visto un oggetto tondo volare, lo abbiamo chiamato disco volante, usando due nomi vecchi, un disco che vola, per definire il nuovo oggetto; solo dopo abbiamo dato un nome proprio a questo, cioè OVNI (Oggetto Volante Non Identificato – UFO). Davide ha fatto la stessa cosa, lui ha preso degli elementi dal suo mondo, e cominciò a pensare a cosa faceva come pastore di pecore. “Ogni giorno prendo le mie pecore e le porto ai verdi pascoli, affinché loro possano alimentarsi, e quando il calore torrido della Giudea si fa presente, porto loro presso un ruscello di acque tranquille, perché possano refrigerarsi; quando finiscono di pascolare, per farle rientrare nelle mie terre, e per risparmiare alle pecore la fatica, ritorno per una scorciatoia, affinché non si stanchino. Succede che ogni scorciatoia ha dei pericoli, e cerco di stare attento quando ritorno per una scorciatoia, in una regione della Giudea in cui due monti sono così vicini l’uno all’altro che uno fa ombra all’altro, perché spesso ci sono dei precipizi. E siccome le persone passavano di lì ed era molto buio, ogni tanto c’erano delle rapine, ti rubavano tutto e ti buttavano giù dal precipizio, e questo luogo era conosciuto come ‘Valle dell’ombra e della morte’. Nonostante ciò, per risparmiare le pecore, ritornavo per la Valle dell’ombra e della morte”. Allora Davide ha espresso questo concetto così:
Il Signore è il mio pastore e nulla mi manca.
Sui prati d’erba fresca mi fa riposare; mi conduce ad acque tranquille, mi ridona vigore.
Mi guida sul giusto sentiero: il Signore è fedele!
Anche se andassi per la valle più buia, di nulla avrei paura, perché tu resti al mio fianco, il tuo bastone mi dà sicurezza.
Io pensavo: perché il bastone mi dà sicurezza? Il bastone per il pastore è per imporre dei limiti, per non andare oltre, perché si può cadere; il bastone ti porta al cammino di ritorno. Anche quando il dolore si fa presente, abbiamo la manifestazione dell’amore di Dio che ci riporta verso il cammino che conduce alle sue braccia. Allora abbiamo un Dio che ci guarda, che ci conosce, che, anche se andiamo per la Valle dell’ombra e della morte, non dobbiamo temere nulla, perché Lui ci farà sempre ritornare alle sue braccia. Ma se nei primi profeti avevamo Dio come il Signore degli eserciti, in Davide abbiamo un pastore di pecore; con Gesù Dio lo chiamiamo Padre, Papà, e quando pregava chiamava Dio Abba, che in ebraico significa Babbo, Papà. Quindi abbiamo un Signore degli eserciti, un Pastore e poi un Papà. Allora, fratelli miei, non importa quello che succede, la vita può sorprenderci con un semplice fatto, i sogni di Dio sulle nostre vite sono molto più grandi dei nostri. Grazie mille!
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Poesia recitata dal Presidente del Sudafrica Nelson Mandela nel suo discorso di insediamento (1994):
La nostra paura più profonda
non è di essere inadeguati.
La nostra paura più profonda,
è di essere potenti oltre ogni limite.
È la nostra luce, non la nostra ombra,
a spaventarci di più.
Ci domandiamo: “Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso?”
In realtà, chi sei tu per non esserlo?
Siamo figli di Dio.
Il nostro giocare in piccolo,
non serve al mondo.
Non c’è nulla di illuminato
nello sminuire sé stessi, cosicché gli altri
non si sentano insicuri intorno a noi.
Siamo tutti nati per risplendere,
come fanno i bambini.
Siamo nati per rendere manifesta
la gloria di Dio che è dentro di noi.
Non solo in alcuni di noi:
è in ognuno di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce
di risplendere, inconsapevolmente diamo
agli altri la possibilità di fare lo stesso.
E quando ci liberiamo delle nostre paure,
la nostra presenza
automaticamente libera gli altri.