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La gioia di vivere

[Il brano qui sotto è frutto della laboriosa trascrizione dell’omonima conferenza di Rossandro, operata da una nostra amica che ha chiesto di non essere nominata, ma che ringraziamo di cuore:^]

Mi hanno chiesto: “Perché parlare di gioia in un momento in cui tutti parlano di tristezza?” Forse sto impazzendo, e non vedo che il mondo va davvero così male? Ci sono dei motivi per essere allegri? Pensiamo a Paolo quando dice: “In ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio”; la domanda che sorge allora è: “Ma io rendo grazie anche nella disgrazia?”. O Paolo non sapeva quello che diceva, o io non capisco cosa egli volesse dire, o ancora non so cosa voglia dire la parola “grazia”, oppure non ho capito che la disgrazia è una grazia non capita. Pensiamo ad un incidente aereo, come quello della Air France, e immaginiamo di vedere il telegiornale che informa che qualcuno ha perso il volo. È naturale che ci facciano vedere proprio colui che è sopravvissuto. Nell’intervista quegli dapprima darà delle risposte futili alla domanda su cosa abbia impedito la sua partenza (la ruota bucata, la sveglia che non ha suonato, il traffico…), ma dopo che il giornalista chiederà per l’ennesima volta “Cosa pensi che sia successo, che ti abbia salvato la vita?”, la risposta senza dubbio sarà: “È stato Dio, è stato Dio a salvarmi….” Bene, ora immagina di essere una mamma che ascolta questa intervista e che tuo figlio sia morto in quell’aereo. Cosa pensi?!.. “Cosa ha fatto di male mio figlio? Perché Dio non ha protetto anche mio figlio?” La verità è che quando abbiamo una visione limitata della vita, in una prospettiva materiale, in cui la felicità si riassume nelle nostre realizzazioni personali, la morte si presenta come una tragedia. Anche se la maggior parte degli esseri umani, indipendentemente dalla religione, crede che esista la vita dopo la morte, quando si muore il dolore di chi resta è immenso, e c’è sempre tanta rabbia. Questo succede perché non sappiamo cosa significhino veramente i concetti “gioia di vivere” e “grazia”. La prima cosa che possiamo analizzare oggi è capire se il mondo stia migliorando o peggiorando. Guardando quello che fanno vedere in tv, il mondo sta migliorando?  Eh sì… Le cose vanno male… Lunedì mattina ti svegli, accendi il televisore e vedi solo brutte notizie, tragedie, omicidi… Non è certo un bel modo di iniziare la giornata. È difficile restare allegri dopo aver visto tante cose brutte: purtroppo assorbiamo tutta l’energia e la negatività di quelle notizie. Sarebbe forse meglio iniziare la giornata vedendo e sentendo cose che ci fanno stare bene. Siamo in un periodo di grandi cambiamenti storici, emozionali, psicologici e, più in generale, della storia umana; questo processo è detto “transizione planetaria”. Capita spesso che le persone pensino che la transizione planetaria sia la transizione del pianeta, invece transizione planetaria significa transizione delle persone che sono sul pianeta. Il pianeta non cambierà, siamo noi che dobbiamo cambiare. Ma come faccio a capire questo, come faccio a capire che cosa sta succedendo? Allan Kardec (pedagogista e filosofo francese, fondatore e codificatore della Dottrina Spiritica) pone una domanda ne Il Libro degli Spiriti, una domanda molto curiosa, anche se la risposta a tale domanda è ancora più curiosa: “Perché, quando guardiamo l’evoluzione della storia umana, abbiamo la sensazione che, dal punto di vista morale, invece di andare avanti torniamo indietro?” Bella domanda! Egli analizzava il concetto di evoluzione in un’epoca in cui non c’era neanche la luce elettrica, figuriamoci i televisori, i telefoni, l’iphone o il whatsapp. Quindi, materialmente si assiste all’avanzamento del tempo, ma moralmente no… La risposta degli Spiriti è: “Ti sbagli, se guardi la storia umana siamo sempre andati avanti, e per fare avvenire ciò a volte necessario che il male arrivi all’estremo, affinché gli uomini sentano la necessità del bene e dei cambiamenti.” Ciò significa che noi cambiamo solo quando siamo al limite delle cose: studiare gli ultimi giorni prima di un esame, preparare il CUD l’ultimo giorno utile, andare dal dottore solo quando ne abbiamo bisogno… Quindi, se facciamo così nella vita personale, facciamo lo stesso nella vita collettiva. In altre parole, possiamo dire che ciò che veramente ci dà il bisogno, la forza e la necessità di cambiare è la difficoltà, è quando il problema e il dolore arrivano all’estremo. In questo momento sentiamo pronunciare spesso la parola “crisi”, che sembra essere il contrario della felicità. Dicono al telegiornale che sarà il Natale più triste degli ultimi tempi. Ma cosa è la tristezza secondo la televisione? Vuol dire forse che andremo meno al Centro Commerciale a fare shopping (per poi andare a esibirsi in casa di parenti con i quali non si va neanche così d’accordo)? Cercando di capire quale sia veramente il significato del Natale, ci rendiamo conto che ciò che veramente conta non sono tanto il luogo e la condizione, ma sono le persone… Ci mostrano sempre il Capodanno a Parigi, a Sidney, a New York, a Rio de Janeiro (Copacabana)… La verità è che la felicità risiede nelle persone che saranno con te in quei posti, sta proprio lì il vero senso del Natale e del Capodanno.  Dice Isaia: “La misericordia di Dio è rinnovata ogni giorno, cosi come ogni giorno si rinnovano le nostre debolezze”. La grande gioia di stare insieme in questo Natale, già in crisi, con meno regali, senza tante pretese, si dovrebbe ricercare nel tentativo di perdonare, supportare, ringraziare e sentirsi felici. Oggi è più importante apparire che essere. Viviamo in un tempo definito postmoderno, caratterizzato da elementi tradizionali.     Individualità: io nel mio mondo e tu nel tuo mondo, ognuno nel suo spazio. Oggi, quando le persone arrivano da qualche parte, la prima cosa che chiedono è la password del WiFi o la connessione internet 24 ore su 24: questo perché non possono stare lontani dal cellulare, e desiderano utilizzare WhatsApp per chattare con qualcuno anche quando sono seduti a tavola con qualcun altro… Questo genera un vuoto, le persone stanno diventando degli zombi. Un fotografo ha fatto una foto in metropolitana: le persone avevano la testa bassa, la faccia seria, senza espressione, proprio come degli zombi. L’individualismo ci allontana dagli altri, dalla fraternità, facendo sì, addirittura, che le persone ritengano corretto poter uccidere, in nome della propria fede, coloro che credono in un Dio diverso o in nessuna religione. Questo individualismo oscura la luce negli occhi degli uomini, creando solo ombre di odio.     Presunzione: sono le persone che vogliono essere migliori degli altri, persone che ostentano i propri averi e le proprie presunte qualità. Un mio amico ha postato una foto su Facebook con questo commento: “Inaugurazione della mia nuova casa in un residence privato, durante una notte romantica con mia moglie, in giardino, guardando la luna, bevendo champagne francese…”. Bene, io, con molta umiltà, gli ho inviato un messaggio in privato: “Amico mio, scemo!… Ma non sai che le persone che stanno vedendo la tua foto mi stanno inviando messaggi per dirmi quanto sei ridicolo! E vuoi che ti dica perché anche per me tu sei ridicolo?! Perché stai trascorrendo una notte romantica con tua moglie e le tue mani devono stare su di lei, non sul cellulare. Immagino la situazione: tu da una parte del tavolo e lei dall’altra parte, tutti e due al cellulare, e mentre tu fai il figo con i tuoi amici, lei lo fa con le sue amiche, e la vostra gioia non è quella di essere lì insieme, ma quella di farvi vedere dagli atri!”. Questo significa essere vuoti dentro, essere infelici, ma la felicità non può risiedere nel postare una foto su Facebook e guardare quante visualizzazioni ha avuto. È stato fatto uno studio in Germania, che mostra quanto sia importante internet nella vita delle persone. Hanno scoperto che l’80% delle persone odia tutto ciò che appare su Facebook… Ci odiano quando postiamo foto dei nostri viaggi, che magari non possono fare, dei ristoranti in cui ceniamo, dei nostri nuovi acquisti. Tu posti una foto su Facebook, e vedrai che dei tuoi 400 amici solo 5 metteranno “mi piace”! Ma cosa avranno pensato gli atri 395 che hanno visto le foto? Odio, invidia… Perché non ci preoccupiamo delle reazioni delle persone?! Gli Spiriti di Luce (cit. da André Luiz, maestro dello spirito) quando devono andare nell’umbrale (una sorta di purgatorio), devono abbassare la propria luce per non turbare gli Spiriti che devono aiutare. Quando pubblichi una foto dei tuoi momenti felici su Facebook, stai creando, in chi le guarderà, una profonda sensazione di infelicità. Ogni 30 secondi la “timeline” di Facebook crea sintomi di depressione nelle persone… (anche se spesso vedi una felicità che è solo una maschera). La gioia di vivere è sopportare il cambiamento di umore, perché noi esseri umani siamo sempre in un processo di miglioramento. Un gatto è solo un gatto, non ha crisi di identità e non va dallo psicologo, non si chiede se ama o se non ama o perché sia un gatto e non un cane. Così anche la pera non si è mai chiesta perché non sia una mela o una banana: una pera è una pera, una mela è una mela, una banana è una banana, un gatto è un gatto, un cane è un cane… Ma l’essere umano è un progetto infinito: tutte le volte che sceglie di essere qualcosa, sceglie una professione, sceglie qualcuno, sceglie di fare qualcosa, sceglie di vivere nel mondo in un certo modo… L’infelicità è quando ci fermiamo a guardare la vita di un altro e pensiamo che sia migliore della nostra: questa sensazione annulla la gioia, perché si basa sulla comparazione con gli altri ed è la forma più infantile di stare al mondo, è la forma peggiore di autosabotaggio. Rappresenta sempre più un processo ossessivo collettivo. Questo processo mentale porta all’autodistruzione, al sentirsi inutili e privi di valore, e ci fa vivere come poveracci. Il poveraccio non considera la propria vita, non si responsabilizza. Noi viviamo in un momento difficile, in cui tante persone hanno pensieri negativi come di suicidio, violenza, aborto, assenza di amore. Siamo di fronte a genitori che non educano i figli, mariti che non rispettano le mogli, profonde mancanze di rispetto gli uni nei confronti degli altri… E in questo momento è difficile far sì che le persone ritrovino la speranza; anzi, è più facile che aumentino i sentimenti di crisi e di sconforto, pensando che sia impossibile cambiare. Invece felicità vuol dire sopportare e superare il cambiamento. Ci sono giornate in cui ci si sveglia contenti, in cui tutto è bello, in cui si è allegri per tutto il giorno… In altri giorni, invece, ci si sveglia male, sono giorni in cui tutto va storto, in cui nulla va bene, il lavoro, e gli amici sembra che facciano apposta a farci arrabbiare per ogni cosa. Una volta un mio amico mi presentò una persona, e quando ci salutammo, dopo il mio: “Salve, piacere!” ha risposto: “Il piacere lo provo solo con mia moglie!”. Ho pensato: che persona triste, che persona fredda, arida, completamente priva della voglia di stare con gli altri. Tutto questo crea ostacoli nei rapporti sociali. La felicità è anche riconoscere che non tutti i giorni sono uguali, che ci sono giorni in cui stiamo bene, giorni in cui stiamo male, giorni in cui sentiamo forte la certezza che Dio esiste e giorni in cui ci sentiamo soli, abbandonati, lontani da Dio, incapaci di trovare una soluzione al nostro malessere… In realtà noi siamo la variante di noi stessi. Paolo, nella Lettera ai Romani, capitolo 7, versetto 22, ci dice: “Tutte le volte che voglio fare il bene, il male è con me”; ciò significa che, secondo la Legge di Dio, egli capisce che cosa sia giusto fare, ma poi fa ciò che è sbagliato. Se questo succedeva già a Paolo, chissà cosa può succedere a noi. Vi chiedo ora se avete mai passato una notte senza dormire, senza riuscire a chiudere occhio, senza sapere cosa fare, e se vi siete presi delle medicine. Se la risposta è affermativa, allora complimenti, siete spiriti in evoluzione, perché solo chi è in crisi e attraversa momenti bui si sta trasformando, perché chi non riesce a dormire è colui che non si adatta a quello che è e vuole essere migliore. Chi non è in evoluzione non è in crisi. Ho capito questo quando la mamma di un mio caro amico, sindachessa di una città, mi ha detto che aveva ricevuto i soldi dal governo per un’importante infrastruttura, così io, contento, le ho detto: “Bene, allora adesso potrai sistemare tante cose!” Questa fu la sua risposta: “Figurati, useremo l’80% dei soldi per fare pubblicità per le elezioni del prossimo anno!”. Rimasi allibito, e quando le chiesi come avrebbero fatto con il fisco, ridendo mi rispose: “Ma secondo te ci verranno a controllare?”. Tutto questo mi lasciò senza parole, soprattutto per la naturalezza e il menefreghismo con cui parlava. Non si sentiva in colpa, e sicuramente la notte dormiva sonni tranquilli. Se non paghi qui per quello che fai non preoccuparti, perché ci penserà la giustizia divina a sistemare ciò che la giustizia umana non è stata capace di fare. Meglio pagare in Terra e andarsene con i conti già pagati. La vita ci chiede una presenza attiva nel mondo. La gioia di vivere rappresenta un soggetto che ha la piena conoscenza di se stesso, senza credere di essere chissà chi. Quando sono diventato spiritualista (in passato sono stato protestante), e quando sono approdato in un Centro Spiritista, ho trovato persone molto tranquille, sempre sorridenti, che parlavano a voce bassa… E ho pensato: che bella gente, che gente illuminata, che gente diversa. Avere la gioia di vivere significa anche comprendere il significato di queste parole: “Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo”. Essere luce nel mondo ed essere responsabili della propria vita significa aver compreso ciò che di meglio Dio vuole da noi, perché la cosa più triste è cercare di essere come qualcun altro che non sia te stesso. Dio ha creato esseri unici affinché essi siano unici. Quando una persona vive, non deve cercare di essere come gli amici, i fratelli, le sorelle, i vicini di casa… In questo modo metteremmo in atto un sabotaggio millenario di investimenti celesti nell’esistenza. Quando la gente viene da me per parlare dei propri problemi, mi paga, affinché io dica la verità, anche se questa può infastidire e far arrabbiare. Ciò è successo ad una mia paziente, convinta che il mondo giri attorno a lei, convinta che la gente faccia o dica qualsiasi cosa solo per farla arrabbiare. Io le ho detto che è una scema, e lei si è scandalizzata per il mio giudizio, convinta che la gente faccia o dica tutto solo per farla arrabbiare. Io le ho detto che è una scema e lei si è scandalizzata per il mio giudizio ma, in fin dei conti, io sono qui per dirvi la verità. Le persone migliori di noi non dovrebbero infastidirci, anzi, dovrebbero ispirarci ad essere migliori di ciò che siamo. Questo sentimento di rabbia, che nasce dal confrontarci con persone che consideriamo migliori di noi, è un sentimento infantile, e si chiama invidia; ma l’invidia è anche un sentimento immaturo, e, in quanto tale, può maturare. Vi faccio un esempio: una mia amica ha due figli: uno ha tre anni e l’altro due. Il giorno del compleanno del bimbo di tre anni, ritengo sarebbe giusto presentarmi a casa della mia amica con due regali: uno per il compleanno del festeggiato e un altro per il bimbo più piccolo, perché non capirebbe se facessi il regalo solo al fratellino. Questa è l’invidia. Se immaginiamo la stessa scena tra due fratelli di 13 e di 12 anni, non possiamo ammettere che il fratello piccolo pretenda il regalo il giorno del compleanno del fratello più grande; se così fosse, questo sentimento prenderebbe avrebbe nome avidità. Invidia è quando qualcuno ci fa arrabbiare per ciò che ha, l’avidità è pretendere quello che l’altro ha. Un esempio di invidia è quando un amico cambia la macchina e tu speri che vada in un fosso, anziché essere felice per lui. Avidità è il sentimento per cui se un tuo collega compra la macchina nuova grazie al proprio lavoro, facendo straordinari nonché lavori extra, tu, anziché gioire per lui, cerchi di capire come ha fatto ad acquistare quella macchina, visto che fa il tuo stesso lavoro, perché la vorresti anche tu. Invidia significa volere che gli altri non abbiano quel qualcosa che a te piace, avidità  invece è volere quella cosa. Arriverà un giorno in cui non importerà più a nessuno essere un altro o avere ciò che è di altri, perché quello che avrà gli basterà per vivere con gioia. È stato quello che ho proposto ad una paziente, ovvero quando trovi qualcuno che è meglio di te, non lasciarti trasportare da invidia o avidità, ma sii intelligente e cerca di imparare da lui/lei. Lei infatti era infantile, e invidiava chi era migliore di lei. Nel Vangelo questo sentimento si chiama sofferenza volontaria, ossia quando qualcuno non ha alcun motivo per soffrire, nessuna malattia, nessun lutto ecc., ma solo voglia di soffrire. Per vivere con gioia è necessario smettere di guardarsi intorno e iniziare a guardare dentro se stessi, perché viviamo in un mondo che ci stimola alla competizione, anche se siamo buoni credenti, e questo inevitabilmente ci porta a vivere con ipocrisia e infelicità. La non felicità e la mancanza di gioia sono una scelta per coloro che basano la propria vita sui valori sbagliati del mondo. Gesù ha detto chiaramente che il mondo è malato e pieno di persone malate, e per questo ha detto: “Non sono venuto per i sani, bensì per gli ammalati”. Noi siamo i malati. Gesù diceva che il suo regno non appartiene a questo mondo, perché questo mondo è una gran delusione, in cui l’idea di felicità si confonde con i piaceri materiali. Essere la luce del mondo significa accettarsi per quello che si è, distruggere la visione di una persona perfetta che non esiste e cercare di essere solo il meglio di quel che si può essere. Essere il sale della terra (ricordando che quando Gesù pronunciò queste parole, parlando agli ebrei, si riferiva al sale per conservare la carne), significa essere una persona con una buona morale. Ci impressiona sempre sentire che siamo noi, cioè il popolo, ad eleggere i nostri rappresentanti politici. Cosa ne pensate? Vi sentite rappresentati? Il Governo vi rappresenta? Io credo di no, noi siamo molto diversi da loro. In un’indagine sono state poste quattro domande: 1) sei razzista? Il 98% ha detto di no; 2) il Brasile è un paese razzista? Il 90% ha risposto sì, aggiungendo “È molto razzista”; 3) sei invidioso? Il 98% ha detto di no, aggiungendo che ciò che appartiene agli altri rimane agli altri, ciò che è proprio è proprio; 4) sono invidiosi di te? Il 90% ha risposto sì, aggiungendo: “Quasi tutti mi invidiano, non posso fare nulla che ho già gli occhi di tutti puntati addosso”. Bene, viviamo in un paese strano allora, un paese pieno di razzisti e di invidiosi ma nessuno ha avuto il coraggio di ammettere di esserlo. Siamo una nazione ricca di gente onesta, ma che per sbaglio vota governanti disonesti. Mi sembra che ci sia qualcosa che non vada… Riflettete. Giovanni ha detto che dice una menzogna chi dice di amare Dio, ma che non ama il suo prossimo, anche se non lo ha mai conosciuto. Tanti spiritualisti, che non hanno reale coscienza di questa esistenza, credono che stanno pagando per atti compiuti in vite passate, e tale visione infantile ed errata lascerebbe intendere che Dio sia crudele, al punto da farci pagare per sempre gli errori che abbiamo fatto in passato. La grande verità, che dà fastidio, è che noi non stiamo passando per momenti difficili, per tutto quello che abbiamo fatto in passato, bensì per tutte le cose che continuiamo a fare, perché, quando cambieremo il nostro atteggiamento, saremo capaci di capire, come affermano Pietro e Paolo, che un gesto d’amore fa scomparire una montagna di peccati. C’è una frase di Albert Einstein che afferma che una delle cose più strane nei comportamenti umani è che le persone, nelle stesse situazioni, fanno sempre le stesse cose, aspettandosi però risultati diversi. Continuo a portare avanti il mio matrimonio allo stesso modo, ma vorrei avere emozioni nuove da esso, continuo a lavorare allo stesso modo da anni, ma vorrei avere risultati differenti. Se io fossi un insegnante in una scuola statale, e la scuola iniziasse alle otto del mattino e io arrivassi alle otto e mezza, e finisse alle undici e mezza mentre io esco alle undici, ogni giorno io ruberei un’ora dei soldi del popolo che mi mantiene. E se il mio stipendio è poco, la colpa non è degli studenti, che non possono essere le vittime della mia frustrazione di non guadagnare quello che penso di meritare. Se io fossi un dottore e ricevessi indifferenza e freddezza dai miei pazienti, starei peggiorando l’angoscia e la fragilità della persona che ha bisogno di me. Se io fossi un dipendente pubblico, e non facessi quello che devo fare, e portassi a casa materiali di lavoro come se fossero miei, sarei disonesto e ladro. E non posso aspettarmi di avere gioia se sono una persona che sottrae dalla collettività. Dobbiamo, come dice Francesco di Assisi, evangelizzare sempre, da tutte le parti, e se c’è veramente bisogno usare le parole.Essere luce del mondo e sale della terra, amarsi e capire che siamo noi lo strumento per cambiare il mondo e che la gioia e il cambiamento sono una conseguenza di ciò che facciamo noi verso gli altri. Non bisogna credere che altri faranno quello che dobbiamo fare noi. Secondo me, l’arrivo degli Spiriti Illuminati sulla terra sarebbe come l’arrivo dei volontari dell’ONU in un paese in guerra nel periodo delle elezioni del suo governo, dove tali volontari non possono votare e quindi chi vota è logicamente chi vive in quella nazione, e solo loro possono attuare il cambiamento. Essere cristiani non significa essere praticanti solo nel fine settimana, andando a messa al sabato mattina pensando di assecondare il volere di Dio, bensì mirare non alla salvezza personale ma alla redenzione collettiva del progetto umano. Siamo stati chiamati per lavorare con e per Gesù, per attuare la redenzione della vita umana. Per questo Egli dice: “Vi invio come agnelli in mezzo ai lupi”. Quando si legge questo passaggio della Bibbia pensiamo: “Ma come puoi inviare degli agnelli buoni in mezzo ai lupi? Per morire?!”. Dio ama tutti, agnelli e lupi, tutti. La speranza è che gli agnelli, quando incontreranno i lupi, riescano a trasmettere dolcezza e obbedienza, trasformandoli in agnelli di Dio. Il passaggio delle persone nella nostra vita non deve essere indifferente e senza senso, perché noi possiamo veramente rappresentare per l’altro la manifestazione dell’immagine e della somiglianza di Dio illuminato. Dice ancora Dio: “Siate Dei, fate brillare la vostra luce, solo voi potete accendere la luce che è in voi”. Una volta è venuto da me un paziente, che frequenta l’università e quindi studia, ma, visto che sta tutto il giorno in casa a studiare, tutti quelli che hanno bisogno di qualcosa la chiedono a lui, pensando che, visto che è a casa a far nulla, può andare a prendere il pane, etc., ma così non riesce a studiare. Arriva e mi dice: “Questa è la mia tesi di laurea, la farò benissimo e finirò gli studi”. “Bravo! ‒ gli rispondo ‒, complimenti, ma come mai hai pensato a ciò? ….”, e lui: “Ah, ieri sera ho fatto una chiacchierata seria con Dio, e gli ho chiesto di farmi finire gli studi con questa tesi, e che sia un successo… Cosa ne pensi?”. Una delle cose che mi imbarazza è quando qualcuno mi chiede cosa penso, perché mi vedo obbligato a dire la verità, a maggior ragione se la persona mi sta pagando la terapia, e quindi sono ancora più obbligato a dire la verità. “Io penso tre cose; la prima è che non ho dubbi che Dio ci aiuti (lui  risponde “Bene, sapevo che la pensavi cosi”); la seconda è che, secondo me, sei in ritardo perché, se soltanto ieri hai parlato con Lui, Lui è da anni che prova a parlare con te…” (silenzio). E lui chiede: “E la terza cosa?”. E io: “Sai, delle poche cose che so di Dio, delle poche cose che ho letto su Dio, c’è una stessa opinione tra ebrei, cattolici, protestanti, spiritualisti, buddhisti… Ed è che Dio è giusto, e quindi non dà privilegi a nessuno, e aiuterà te come aiuterà gli altri”. Termino così: “Secondo te chi avrà il risultato migliore nella tesi?” (silenzio). E lui, un po’ deluso, risponde: “Quello che avrà studiato di più”; “Bravo, giusto! ‒ spiego io ‒, finalmente hai compreso il reale significato di ciò che è scritto nella Bibbia”. La Bibbia dice: “Fa’ quello che ti compete e il Cielo ti aiuterà…”. E le persone invece capiscono “Il cielo mi aiuterà a fare quello che mi compete”. Devi prendere tu l’iniziativa, fare il primo passo, riconoscere che ce la puoi fare, smetterla di sentirti piccolo e prendere in mano la responsabilità della tua vita, cercare la luce che è in Dio. Solo in questo modo raggiungerai gli obiettivi che ti sei dato, perché quando pensi di non riuscirci, che non lo meriti, che non sei capace, la vita può diventare un disastro, un’ossessione, invece bisogna affidarsi a quello che c’è scritto nella Bibbia: “Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?”. Ho capito che l’unica persona che puoi avere contro nella vita sei proprio tu, e solo tu puoi sabotare la tua vita, perché è incredibile come invece Dio faccia di tutto per sabotare la nostra infelicità. Quando dici a te stesso: “Non vali niente”, Dio dice: “Ma io ti amo proprio così come sei, ti amo come sei… Se vuoi essere come tua sorella, tua cugina, la tua vicina o la tua amica, tu non sarai mai felice perché io voglio che tu sia te stesso”. Tutto quello che fai con allegria, con sentimenti di gioia nel sentirti utile agli altri, farà la differenza: vedrai come le persone saranno felici di stare in tua compagnia, capirai che la vita deve avere uno scopo, che non sei nato per passare la vita a guardare quella degli altri. Come coloro che, non trovando un senso nel loro percorso di vita, trascorrono il tempo a guardare quella altrui… E intanto il tempo passa. Immaginiamo che Dio abbia fatto una sorta di investimento sulle nostre esistenze, un progetto perfetto di reincarnazione, che prevede che i nostri genitori vengano al mondo prima di noi, per prepararci uno spazio in cui gli Spiriti illuminati saranno vicino a noi per darci ispirazione e per aiutarci a dare senso alla nostra vita. Se ci comportassimo in maniera inutile, guidati da stupide gelosie, minimizzeremmo il potere di Dio nella nostra vita e ci ritroveremmo a vivere da persone piccole, prive di amore, invidiose e gelose (nel senso di una gelosia che non significa amare troppo, ma amare troppo poco). Come ho già spiegato, l’invidia è un sentimento infantile, osservare la vita degli altri e parlar male alle spalle delle persone significa solo sprecare tempo. Perché continuiamo a sprecare tempo guardando la vita degli altri, guardando il peggio che trasmettono in televisione? Pensiamo a cambiare noi stessi e non sprechiamo il tempo e lo spazio che Dio ha nella nostra vita. Osservare gli altri e fare un diretto confronto con noi si chiama proiezione psicologica. Guardare gli altri in relazione a noi significa proiettarci nella vita di un’altra persona. Il mondo oggi soffre di un vuoto di gioia, perché siamo noi stessi a sabotare la nostra esistenza, guardando troppo quello che succede nella vita degli altri; siamo troppo attaccati alle cose materiali, e dimentichiamo che siamo venuti al mondo per essere luce del mondo e sale della terra. Dovremmo riuscire a dare il meglio in qualunque posto ci troviamo, e dovremmo essere in grado di vivere con gioia. Esistono 150 salmi nell’Antico Testamento, e di questi, 105 sono stati scritti da Davide, 14 dalla famiglia Asaf, con cui Davide viveva nel tempio di Gerusalemme, e gli altri sono stati scritti da autori sconosciuti, inclusi i due che ritengo più importanti e di cui ti voglio parlare. I salmi 99 e 100 erano canzoni che si cantavano all’entrata del tempio; il salmo 99 dice: “Acclamate il Signore, voi tutti della Terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a Lui con esultanza”. E finisce recitando: “Poiché buono è il Signore, eterna è la Sua misericordia, la Sua fedeltà per ogni generazione”. Vi chiedo che cosa significhi acclamare con gioia il Signore: è forse pregare la domenica? O significa forse portare il Signore all’interno delle nostre vite, nel nostro lavoro, nelle nostre famiglie e vivere una vita piena? Una caratteristica fondamentale di chi vuole veramente cambiare è accettare pienamente se stessi per come si è fatti. Joanna de Ângelis dice che un essere consapevole è un essere che non si incolpa e non si giustifica continuamente ma, semplicemente, cambia. Vi racconto una breve storia della Bibbia per farvi capire il concetto di chi non si incolpa e non si giustifica, ma semplicemente decide di cambiare. Un uomo di nome Paolo, durante il suo viaggio verso Damasco, perseguitava tutti quelli che stavano nuocendo al giudaismo. Paolo era un grande dottore della Legge, la conosceva benissimo. Arrivato a Damasco, Gesù gli si avvicinò e gli chiese: “Perché mi perseguiti?”. E al sentire la Sua voce e al vedere la sua luce, Paolo capì che Gesù era il Messia. Immaginate che sentimenti di contrizione può aver provato Paolo nel riconoscere il Messia nella persona di Gesù. Si diceva che Paolo era colui che perseguitava i cristiani. Paolo in verità era un borghese, a cui non importava nulla della condizione del popolo, perché Roma intelligentemente occupava il territorio, manteneva la religione, si difendeva per non essere attaccata. C’erano i ricchi che conducevano la bella vita e il popolo che viveva in schiavitù. A Paolo nulla di ciò interessava. Paolo aveva un obiettivo, aveva grande personalità e grande forza, tutto quello che Dio vuole da noi, ed è per questo che Gesù disse: “Che il tuo sì sia sì e che il tuo no sia no”. Paolo era forte e aveva una forte personalità, Gesù vide in lui l’essenziale e capì che con lui il Cristianesimo avrebbe potuto fare una lunga strada. Quando Paolo capì che Gesù era il Messia decise di non scusarsi, di non dichiararsi colpevole. Paolo non si è giustificato, non ha incolpato Gesù perché si era reso irriconoscibile ai suoi occhi, ma decise di cambiare. Immediatamente, dopo aver ammesso il suo sbaglio, propose il cambiamento a Gesù dicendo: “Ho sbagliato fino ad ora, ma adesso cosa vuoi che faccia?”. Gesù così capì che Paolo era la persona giusta, Paolo non aveva paura di essere se stesso, Paolo non era tiepido, Paolo era caldo. Gesù pensò che Paolo sarebbe diventato il migliore a diffondere le sue parole, la forza del Vangelo. Paolo avrebbe potuto fare un’altra cosa, che tanti avrebbero fatto, cioè chiedere a Gesù anche tutti i dettagli di quello che avrebbe dovuto fare, come se si trattasse della ricetta di una torta. Immaginiamo che Gesù alla domanda di Paolo avesse risposto elencando tutto quello che Paolo avrebbe fatto, tutte le difficoltà che avrebbe dovuto superare fino alla morte, cioè quando gli avrebbero tagliato la testa: come avrebbe reagito Paolo? Probabilmente avrebbe stretto la mano al Signore e gli avrebbe detto: “Signore, è stato bello conoscerti, porterò un bel ricordo di te e di te parlerò bene agli altri, ma questo lavoro non fa per me”. Invece Paolo ha solo chiesto cosa avrebbe dovuto fare, senza alcuna ricetta, e Gesù semplicemente gli ha risposto: “Va’ e fai quello che c’è bisogno di fare, perché se sei fedele nel poco, molto ti sarà dato”. Tutti quelli che operano con lo spirito rivolto a Dio dovranno sempre aspettarsi il meglio, e questa non è una promessa ma è la Legge. Gioia è aiutare, è avere uno scopo, gioia è servire Dio con gioia, come leggiamo nei Salmi. Ma io ho motivi per essere felice? Dio ci ama per quello che siamo, quindi dobbiamo servirlo con gioia, dobbiamo farlo sempre, non solo quando le cose ci vanno bene, quando stiamo bene, se abitiamo in una bella casa, se abbiamo un buon lavoro e tutto ciò che desideriamo. Noi dobbiamo servire il Signore sempre, ed è questo che renderà la nostra vita felice. In verità, se impariamo a ringraziare per tutto, impariamo a ringraziare anche per quello che non comprendiamo, e solo così capiremo la grandezza delle sue opere. Per concludere, proverò a dimostrare ciò che ho appena detto. Il concetto di memoria, analizzato da un punto di vista neurofisiologico, è un grande impatto emozionale. Quando noi ricordiamo qualcosa, in realtà ricordiamo ciò che quel qualcosa rappresenta. Vi ricordate cosa avete fatto l’1 settembre 2001? E l’11 settembre 2001, il giorno in cui vennero attaccate le Torri Gemelle negli Stati Uniti, vi ricordate cosa avete fatto? La differenza tra questi due giorni è che in uno è successo qualcosa di grande. Quel fatto ha catturato le nostre emozioni, e ci ha permesso di ricordare ciò che stavamo facendo esattamente in quel giorno, anche a distanza di tanti anni. Vediamo cos’è la grazia di Dio, chiudete gli occhi. In questo momento cercate di ricordare il momento più difficile che avete dovuto attraversare in questa vita, cercate di ricordare quel dolore che sembrava infinito, i sentimenti di quei momenti terribili. E adesso concentratevi e provate a ricordare chi era vicino a voi, chi vi ha aiutato a superare quei momenti, chi vi ha dato la forza di farlo. La luce è già nella nostra vita, tutta la misericordia c’è già stata data e non abbiamo bisogno di cercarla altrove.  Dio ha tanto amore per noi, ha fatto tanti investimenti di luce per aiutarci ad essere felici. Dio ci ama profondamente per quello che siamo, investe su noi ogni giorno, e noi guardiamo dall’altra parte e spesso ci lamentiamo. Dobbiamo imparare ad amare Dio e a capire quanto sia importante ringraziarlo di tutto. Dobbiamo ringraziare tutte le persone che ci amano, e soprattutto Dio, che non ci lascia mai, che è sempre con noi, e che ci chiede solo di fare ciò che ci porta a cambiare in meglio nella nostra vita e nella storia dell’Umanità. Grazie a tutti, Rossandro Klinjey.

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